Seville Orange Marmalade Pudding
...ovvero, il modo migliore per far posto ai nuovi vasetti di marmellata, almeno per quanto riguarda casa nostra: io, infatti, non riesco mai a smaltire le scorte, stagione dopo stagione. Colpa mia, anzitutto, che, pur non preparando quasi mai conserve, non riesco a resistere all'impulso di comprarmene a chili, meglio se di provenienza straniera. Non c'è parte del mondo da cui non sia tornata con qualche vasetto, preferibilmente di frutti locali, preferibilmente di roba mischiata con liquori, spezie ed altri frutti. Il tutto, ovviamente, comprato alla svendita del tre x due del mercatino del quartiere o per gentile omaggio del produttore, dopo che gli ho svaligiato la fattoria, perchè, si sa, io son nata per dare un senso ai sacrifici di mio padre e ai guadagni di mio marito. E quindi, di fronte ad una spesa che implica un risparmio, so resistere ancora meno del solito.
E poi ci sono le marmellate di mia suocera, quelle di mia mamma - queste sì, fatte rigorosamente in casa e con prodotti a km zero, per cui è un delitto non farsele regalare ogni volta. Per non parlare delle conserve che preparano le mie amiche, una più buona dell'altra, anche lì con prodotti locali- e vuoi mettere, i limoni della Sicilia, confronto a quelli che mi tocca comprar qua?
E così, mi ritrovo con gli scaffali della dispensa pieni zeppi di barattolini, molti dei quali senza etichetta, quasi tutti senza data e tutti- dicasi tutti- accomunati dalla stessa sorte, che li vuole rigorosamente intonsi.
Perchè qui, a fronte di questi acquisti compulsivi, non andiamo d'accordo con la frutta. Da parte mia, non posso mangiare quasi niente, vista un'allergia trasversale che mi priva di mele, pere, arachidi, pesche, prugne, ananas, albicocche e, qualche volta, anche ciliegie. Al marito non piace, la figlia è monotematica e si scofana intere cassette di un frutto per tipo (di solito, fragole, albicocche e lamponi)- ma nel barattolo, proprio no.
L'unica eccezione sono le marmellate di agrumi: per quelle, sono capace di tutto, anche di una maratona gastronomica che va dalla colazione del mattino allo spuntino di mezzanotte: arance, limoni, mandarini, pompelmi di tutti i colori, nulla mi può sfuggire. E quando vedo che proprio nun ja fo' cchiù, le metto in questa torta, che è quanto di più "casalingamente sublime" si possa immaginare.
SEVILLE ORANGE MARMALADE PUDDING
da The Great British Book of Baking
La fonte della ricetta è quel meraviglioso libro sui prodotti da forno britannici di cui vi avevo parlato tempo fa e che fra poco entrerà di diritto nello Strabooks, viste le meraviglie che contiene. Neanche a dirlo, si tratta di una torta ben nota a casa mia, visto che anche mia madre la preparava, più prosaicamente con tutti i fondi dei barattoli di marmellata che trovava in giro. Io, che sono una purista, sacrifico la Seville Orange Marmalade, benedicendo ogni volta il "senso degli affari" che accomuna noi genovesi agli scozzesi, visto che se non fosse stato per quello, col cavolo che sarebbe stata inventata una meraviglia del genere. La storia vuole, infatti, che un fruttivendolo di Dundee avesse comprato un intero carico di arance, visto il buon prezzo a cui venivano vendute. Arrivato a casa, però, si accorse -proh dolor!- che erano tutte amare e quindi invendibili: al solito, mentre il marito era intento a strapparsi i capelli, arrivò la moglie che mise tutto in un pentolone, pensando di fare una comune jam. Ne nacque invece la Marmalade (che si scrive così, ma si pronuncia MARMALADE, tutto maiuscolo) , con somma felicità di tutti: del signor Keiller, ovviamente, che da lì fondò un impero che prospera ancor oggi, e di tutti gli amanti delle cose buone dal mondo, fra cui questa marmellata occupa un posto speciale.
Potete trovare un'altra versione- iralndese, questa volta- dalla Edith Pilaff, : rispetto a questa è diversa nel procedimento (lì, la marmellata va prevalentemente dentro l'impasto, a parte un niente che serve per glassare la torta), ma è ugualmente buona e ugualmente utile a smaltire le scorte.
E ora, eccovi la ricetta
Ingredienti
100 g di burro a temperatura ambiente
100 g di zucchero
la scorza grattugiata di un arancio medio, non trattato
2 uova medie, leggermente sbattute
125 g di farina autolievitante
2 cucchiai di succo d'arancia fresco
3 cucchiai pieni di marmallata d'arance di ottima qualità
Accendere il forno a 180°.
imburrare bene uno stampo di 20-22 cm di diametro
Con le fruste elettriche, montare bene il burro, lo zucchero e le bucce d'arancia, fino ad ottenere un composto soffice e spumoso. Aggiungere le uova a poco a poco, sbattendo bene ogni volta. Setacciare la farina e aggiungerla poco per volta al composto, alternandola col succo di arancia, incorporando il tutto aiutandovi con un cucchiaio.
Scaldare la marmellata, fin quasi a farla sciogliere e versarla sul fondo dello stampo. Con il dorso di un cucchiaio, spatolarla bene in modo da non lasciare nessuno spazio libero sul fondo.
Sopra lo strato di marmellata, versare il composto della torta e far cuocere per 35 minuti circa, facendo la solita prova stecchino. Sfornare e lasciar raffreddare per 5 minuti: passare la lama di un coltello intorno ai bordi, in modo da staccare la torta dallo stampo e rovesciarla direttamente sul piatto di portata.
Otterrete l'effetto che potete vedere in foto: un doppio strato, il primo di marmellata, il secondo di impasto base. Trattandosi di una marmellata di arance, il contrasto non è nettissimo, ma nulla vi vieta di utilizzare un'altra conserva, magari di fragole o di mirtilli, per accentuare la separazione fra gli strati. Resta unica e incredibile a descriversi la morbidezza finale.
Note mie
Per quanto riguarda gli ingredienti, la ricetta originale prevede il custer sugar che è uno zucchero più fine del nostro comune zucchero semolato. E' tipico delle preparazioni dove bisogna che lo zucchero si sciolga a freddo, come per esempio quando si tratta di montarlo con le uova e lo zucchero e quindi si preferisce questo tipo, perchè si fa leggermente prima. Personalmente, non lo sostituisco con lo zucchero a velo perchè il segreto perchè la ricetta riesca è il tempo che si perde a montare il composto: più è soffice e meglio riesce: di solito, mi regolo proprio con i granelli di zucchero: finchè "li sento" sotto le fruste, significa che non si sono ancora sciolti.
La farina indicata nella ricetta è un'autolievitante: se non l'avete, per queste dosi basta un cucchiaino di lievito per dolci, meglio se pieno.
Il succo d'arancia si intende fresco, cioè spremuto dall'arancia.
Se i tre cucchiai di marmellata vi sembrano pochi, potete aggiungerne un altro, senza problemi.
Come dicevo, tutto il segreto del dolce sta nel montarlo tanto. Se avete un kenwood, usate quello, così non fate fatica. Calcolate almeno una decina di minuti in tutto, ma se fate un quarto d'ora è anche meglio
Cottura: 180 gradi per un forno statico ( nel mio forno, ci son voluti 35 minuti); 170 per un forno ventilato, abbassando a 25 i minuti di cottura. Per quanto riguarda la prova stecchino, ricordatevi che questo deve uscire umido dalla torta, non asciutto. Lessenziale è che non rimangano grumi di impasto attaccati. Ma appena è umido, spegnete e sfornate
Perfetta per la colazione e per il tè
Buona giornata
Ale