Dalle Befane alle Strenne: Il Minestrone alla Genovese
Ieri pomeriggio si è ufficialmente conclusa la 4 giorni della terza edizione del Befana Day, mai così lungo, mai così bello. Abbiamo iniziato giovedì sera, con l'arrivo dei primi "foresti", abbiamo proseguito il venerdì, con una nutrita rappresentanza di Befane da varie parti d'Italia (più l'appendice francese, mica da tutti), al Sabato mi inciampavo nei conti del "chi viene-chi va" e la domenica un aperitivo protrattosi fino alle tre metteva seriamente a rischio il rientro a casa col treno delle quattro.
Ora dovrei dire che sono stanca ma felice, come da copione, ma in realtà non è vero: perchè stanca non lo sono per niente e felice meno che mai. In ufficio mi aspettano "sorprese" che non mi piacciono e che si incastrano in un panorama che mi intristisce al midollo: in più, anche la risoluzione del "da oggi vado a piedi", frutto dell'indignazione di un pieno di benzina di CENTO EURO TONDI TONDI (ho la macchina di mio padre, una Classe A, l'ultimo pieno, due mesi fa, a Varese, era di settanta euro e qualcosa), si sta rivelando una pessima idea (se non trovo una soluzione diversa, l'autobus non è che mi costerebbe granchè meno) e alla fine mi sento come il tipo di una pubblicità di qualche anno fa, che per una falla che tappava, ne aveva altre dieci che si aprivano, tutt'intorno.
In questi casi, mi rifugio negli affetti: nella mia casa, nella mia cucina, nella mia famiglia, nei miei amici. E il Befana Day è proprio la celebrazione di un segno di amicizia che ai tempi mi aveva quasi stordito e che oggi continua a sorprendermi: ce lo diciamo ogni volta, che non sembra possibile riuscire a stare insieme così bene, in così tanti "semi sconosciuti", persone di cui per anni non hai neppure sospettato l'esistenza e che oggi sono la tua mezz'ora quotidiana di spensieratezza, conforto e sostegno. E' il virtuale delle persone reali, mi ripeto ogni volta, di quelle che dello schermo non hanno fatto il paravento per millantare quello che non sono, ma il mezzo più immediato per raccontare chi sono, con le loro magagne, i loro difetti, il loro essere "vere", sempre e comunque. Così come "vera" è la gioia che provo, ogni volta che le incontro- e la malinconia che segue, ogni volta che se ne vanno.
Ma oggi, grazie al cielo, ci sono le (St)Renne, che del Befana Day sono in gran parte l'anello di intersezione e che ritornano con una raccolta che a me fa letteralmente impazzire, e cioè le zuppe e le minestre di tradizione. Niente "zuppette-fighette", niente bicchierini, niente cannucce, ma sani cocci e sani cucchiai, per brodi fumanti e robusti e tutti rigorosamente di una volta. A noi sette (Fabio&Annalu, Stefania, Flavia e Mapi, più noi due) si aggiungono le (St)Renne per un mese (Mai, Greta, Eleonora, Loredana e Simonetta), con una distribuzione geografica che copra tutta la penisola e si spinge fino all'Africa, da una parte, e all'America del Sud dall'altra: il che è garanzia di una "geografia" di zuppe mica da ridere, con tanto di agganci al territorio e tutti gli annessi e connessi che rendono unici e speciali i piatti delle nostre terre e delle nostre case. L'intento è quello di raccontarveli, in un intreccio di storie che ci auguriamo possa piacervi, così come ha entusiasmato noi. A conferma di ciò, abbiamo pure preparato un logo, frutto dell'unione delle nostre menti ingegnose (e dell'abilità di Mai, per quanto riguarda la grafica), degno contorno al titolo della raccolta, quel "Mine (St)renne" che si annuncia come la boiata più pazzesca dell'anno che è appena iniziato. Ma ormai, dovreste aver imparato a conoscerci, no?
Inizio io, con un piatto di tradizione che più di tradizione non si può, vale a dire quello del minestrone alla genovese: prova ne è che se ci sforzassimo a cercare LA ricetta non la troveremmo mai. Tot famiglie, tot versioni, come sempre capita in questi casi. Tuttavia, u menestrun non è u menestrun se non corrisponde ad almeno due dei requisiti seguenti:
1. l'aggiunta di pesto, sempre a freddo e meglio se senza pinoli.
2. lo spessore (i Genovesi di una volta dicevano che bisognava che il cucchiaio, piantato nel piatto pieno, "stesse su")
3. la scorza di Parmigiano Reggiano, messa all'inizio della cottura e poi distribuita fra tutti i commensali (e qui, mi tocca chinare la testa, di fronte alle accuse di 'parsimonia' che ci vengono costantemente rivolte)
4. lo scuccuzu.
Sul punto 4, apro una piccola parentesi, perchè per anni qui a Genova era praticamente impossibile trovarla ed è facile che la memoria storica si sia inceppata: propriamente è una pasta di semola le cui dimensioni sono a metà fra il cous cous e la fregola sarda, con i quali è comunque direttamente imparentata. Tabarca (Tunisia)- Caroloforte- Genova sono infatti le tappe del cammino di questo formato ed è facile ricostruire il percorso, anche dalle suggestioni del nome che, nella pronuncia dialettale "scucusù" ricorda moltissimo quel cous cous che i Genovesi avevano sicuramente imparato ad apprezzare nei loro approdi nordafricani, dove commerciavano in corallo. La storia lunga ve la racconto un'altra volta, anche perchè ho fatto incetta di scuccuzu, per le Befane del sabato e poi mi sono dimenticata di regalarglielo, per cui aspettatevi qualche ricetta, nei prossimi giorni. Ora, invece, eccovi il minestrone, come lo fa la mia mamma...
MINESTRONE ALLA GENOVESE
(col pesto crudo)
Ingredienti
Partiamo dalle verdure: quelle di stagione, nè più e nè meno, con il solo obbligo dei fagioli e la sola esclusione del pomodoro. In giro, esistono versioni che lo contemplano, noi mai messo. Idem per le melanzane, che non mettiamo mai nel minestrone, mentre abbondano i legumi, selezionati in base alla stagionalità.
Altra premessa: noi non facciamo nessun soffritto preliminare. So che in molti lo fanno, noi no. Acqua, verdure, legumi, olio e tanto parmigiano.
Eccovi una lista indicativa degli ingredienti
per 4 persone
150 g di pasta secca (vermicelli rotti a pezzetti, spaghetti spezzati, maccheroncini rigati o lisci o riso o, appunto, lo scuccuzu)
1 hg di fagioli borlotti freschi
un etto di cavolo cappuccio
50 g di fagiolini
2 patate
2 carote
2 porri
2 zucchine
1 costa di sedano
una cipolla
uno spicchio d'aglio
un ciuffo di prezzemolo
un pochino di maggiorana
qualche foglia di boraggine (in stagione)
una cucchiaiata di pesto senza pinoli
olio EVO
crosta di grana
una manciata di grana grattugiato
sale grosso
In stagione, potete aggiungerci tutto quello che volete: fave, piselli, zucca, porri, melanzane etc etc.
Si parte con l'acqua, grosso modo due litri per un kg e mezzo di verdure: come vi ho detto, il nostro minestrone è spesso, quindi è inutile usare grandi quantità d'acqua. Appena inizia a bollire, salate leggermente e buttate le verdure tutte assieme. Fatele cuocere a fiamma viva per una ventina di minuti, poi abbassate il fuoco, mettete il coperchio e lasciate sobbollire per due ore circa, rimestando ogni tanto, che maniman u s'attacca. A metà cottura, aggiustate di sale, aggiungete la crosta di parmigiano e l'olio. dopodichè, iniziate a schiacciare un po' di verdure, all'antica, senza minipimer o frullatori vari: tirate su col mestolo un po' di minestrone e, col dorso del cucchiaio, schiacciate le patate e i fagioli, in modo da farlo addensare ben bene. A cottura ultimata, cuocete la pasta: se usate lo scuccuzu, che ci mette almeno 15 minuti, per cuocere, preparatelo da parte: pentola d'acqua, a cui aggiungete due mestoli di minestrone (trucco della mamma): quando la pasta è cotta, scolatela col mestolo forato e aggiungetela al minestrone. Fate riprendere il bollore, spegnete e a freddo aggiungete almeno un cucchiaio di pesto.
"A freddo" va letto come se si trattasse di una supplica. A noi Genovesi ci tocca tacere, ma leggiamo e vediamo compiersi tante di quelle nefandezze, sul nostro pesto, che la metà basterebbero a far perdere la pazienza a Giobbe. Fra queste, l'uso di cuocerlo. Sappiatelo da subito, per noi è l'equivalente di un abominio. Quindi, anche nel minestrone, bisogna aggiungerlo a crudo e magari abbondare anche.
L'ideale sarebbe che fosse senza pinoli. Chiudiamo un occhio , su questo, ma la regola vorrebbe così.
Come da tradizione, poi, si dovrebbe mangiare tiepido. Portatelo in tavola con tanto bel Parmigiano, evitate l'olio a crudo perchè queste son robe da foresti, a noi basta quello che c'è nel piatto.
Di solito, non ne avanza neanche un po': ma qui a Boccadasse, anni fa, c'era una trattoria che, col minestrone del giorno prima, ci faceva addirittura le frittelle, da tanto spesso diventava, col riposo.
A domani, dagli Assaggi di viaggi
Ale