speciale MTMag- La porti una figlia a Firenze...
... ovvero, consigli e strategie per sopravvivere a una intensa tre giorni fiorentina, in compagnia di una figlia ispirata più del solito, fra Natale e Capodanno.
(nota: il post è in continua evoluzione, nel senso che ho intenzione di aggiornarlo via via, con foto, info e tutto il resto. ergo, ricollegatevi ogni tot e abbiate pazienza, che questo inizio d'anno va così)
Galleria degli Uffizi: il Must del Must, come ben sanno tutti gli esseri viventi dell'universo. Difatti, entrare senza prenotazione significa votarsi ad un'attesa di almeno un'ora, quando va bene, mezza giornata se non siete proprio fortunati. Ergo, prenotate la visita prima della partenza, badando a non incappare nei siti non autorizzati- che guarda caso son sempre i primi che compaiono su Google. Funzionano alla grande, per carità- ma si fanno pagar cari. Mentre la prenotazione fatta tramite museo vi costa solo (?) 4 euro. Controllate il sito e se anche non dovessero esserci posti nelle date stabilite, non disperate: chiedete alla reception del vostro hotel di fare una telefonata per voi, prima di rassegnarvi a battere altre strare. Di solito, funziona.
Una volta dentro, è una gara di sopravvivenza. Il mio consiglio, che è quello che seguo da anni, ogni volta che mi trovo in un grande museo, è di scegliere un percorso e limitarsi a quello. Selezionate i venti, trenta quadri che vi interessano, studiatevi qualcosa su di essi e andate a colpo sicuro, rimandando alla prossima volta l'analisi degli altri. Altrimenti, rischierete davvero di esaurire le riserve alla terza sala, finendo per barcollare fino all'uscita, senza neanche degnar d'uno'occhiata i vari capolavori. Considerate anche che gli Uffizi, da anni, sono un work in progress: sale vuote, quadri spostati, deviazioni improvvise, per non parlar della calca attorno ai "soliti noti" (Botticelli su tutti, ma anche Leonardo e Caravaggio): tutto cospira contro il vostro sistema nervoso. Ergo, selezionate, tagliate, imponetevi di non rivolgere lo sguardo altrove, almeno in teoria: che intanto si sa, che un'occhiatina a questo e a quello ci scappa sempre, ogni volta. Ma concentratevi sull'obiettivo e vedrete che uscirete dalla Galleria più bella del mondo non solo ritemprati, ma anche desiderosi di tornare.
Nota dolente: il posto di ristoro. Per carità, ora c'è- e se penso alle mie prime maratone per città d'arte, quando avevo l'età di mia figlia ed eri costretto a morir di fatica e di sete, se volevi veder tutto in un colpo solo, mi sento finalmente fortunata. Ma la qualità del cibo è pessima e i prezzi, ovviamente, sproporzionati. L'accesso però è libero e vale davvero la pena di farci una capatina, non foss'altro che per la foto di rito di fronte ad un Palazzo Vecchio mai così a portata di sguardo: per il resto, fate tesoro della nostra esperienza (due sedicenti panini col salame, mandati giù con un bicchier d'acqua e un cappuccino ci son costati come un pranzo in trattoria) e tirate diritto
Santa Croce: l'Associazione Ars et Fides organizza visite guidate gratuite, in questo complesso così come a s. Lorenzo, a s. Maria Novella, a S. Trinita e, oltrarno, a S.Felicita: informatevi prima sugli orari (basta una telefonata), perchè purtroppo non c'è un grande collegamento col resto del personale: fuori dai denti, non vi sanno dire nulla. Perdersi questi tour è un vero peccato: le guide sono volontari, di solito non giovanissimi, spesso ex guide turistiche in pensione, tutte molto gentili, affabili e, quel che più conta, preparate. Non aspettate di trovarvi di fronte la guida classica, quella che vi sciorina date e numero dei mattoni sulla facciata, che neanche la Carrà al tempo dei fagioli: solo signori colti, arguti, gentili, che vi faranno trascorrere alcuni dei momenti più piacevoli del vostro soggiorno- e pure a costo zero.
Se non avete la fortuna di intercettarli, armatevi di guida all'ingresso e non abbiate fretta. Due ore ci voglion tutte, fra caccia al tesoro delle tombe, declamazione de I Sepolcri, affreschi di Giotto, del Gaddi, del Ghirlandaio (l'abside della navata centrale è in restauro, ne avranno ancora fino alla primavera di quest'anno, dixerunt), per non dire della Cappella dei Pazzi e delle lacrime davanti a quel che resta del Cristo di Cimabue.
Museo dell'Opera del Duomo. Andateci UNO. E' un ordine. Per i contenuti, il contenitore, le emozioni che vi aggrediscono ad ogni anfratto. Andateci presto, se volete vedere il recente restauro della porta del Ghiberti, andateci quando volete, se siete pronti a struggervi di fronte all'ultima Pietà di Michelangelo, la ricapitolazione più intensa e toccante del dolore umano, o a farvi mozzare dalle mille forme in cui si modula il genio di Donatello. Esiste un biglietto integrato col Battistero che però vi obbliga anche a salire sulla Cupola del Duomo e sul Campanile di Giotto: se non avete velleità alla Reynold Messner, non conviene. Ma ritagliatevi almeno mezz'ora, per un giro veloce- e non preoccupatevi, se all'uscita vi accorgerete che è già buio: qualsiasi ora si sia fatta, ne sarà valsa davero la pena
Duomo e Battistero: il primo è gratuito, il secondo è a pagamento e la biglietteria è di fronte alla porta d'ingresso. Valutate se è il caso di salire fino in cima alla cupola del Brunelleschi: oltre al panorama, potrete ammirare vis-à-vis gli affreschi del Vasari, per non parlare del "dietro le quinte" del più grande capolavoro architettonico del Rinascimento- e son cose che non si dimenticano tanto facilmente. Nello stesso tempo, è una sfacchinata, specie l'ultimo tratto, direttamente sulle scale a pioli. Da ragazza, mi commuovevo, adesso mi viene da piangere e anche se il risultato è lo stesso, le premesse son ben diverse. Calcolate almeno un'ora, fra salita e discesa e stordimenti vari- e la variabile della coda alla biglietteria, che è sempre un fattore con cui fare i conti, in questi casi.
S. Lorenzo: ogni volta, a noi parte mezza giornata, fra mercato scoperto, mercato coperto, chiesa, biblioteca laurenziana, Cappelle Medicee, rifornimento cantucci e pranzo da Mario, la cui fiorentina costituisce l'apice di una mattinata perfetta. I migliori cantucci di Firenze vengono prodotti a "Il Cantuccio di San Lorenzo", in via Sant'Antonino, con tanto di veloce degustazione annessa, vin santo compreso. I classici sono imperdibili, ma anche quelli al cioccolato e quelli coi fichi secchi hanno un loro perchè. Lo stesso vale per Mario, in via Rosina, proprio di fronte al Mercato Centrale. Rassegnatevi alla coda, oppure andateci giusto a mezzogiorno, per l'apertura: dopodichè, godetevi tutto, dai cartelli che dissuadono dal chiedere una Fiorentina ben cotta al "qui un ci si ha il wi fi". Niente Bancomat, come da tradizione e prezzi più che onesti.
S. Maria Novella: attenzione agli orari, perchè son variabili (il venerdì, per esempio, aprono alle 11,00, senza alcuna apparente motivazione) e non è detto che vengano sempre rispettati. Se la trovate aperta, fiondatevi dentro e cercate di non escluderla mai dai vostri giri: perchè parte della storia di Firenze passa da qui, fra il Crocifisso di Giotto e la Trinità del Masaccio. Il resto, è pura meraviglia.
Palazzo Strozzi: andateci-due, a occhi chiusi, qualsiasi sia la mostra allestita. Tanto detesto le ammucchiate nzional popolari di goldin (ecco: l'ho detto, e pure all'8 gennaio), quanto amo di un amore folle e incondizionato tutto quello che viene organizzato in questo museo. e se lo scorso anno ci si era andati apposta, a Firenze, per la mostra sui Banchieri e il Quattrocento fiorentino, quest'anno ci si è passata una pausa pranzo, alla retrospettiva sull'Arte Italiana degli Anni Trenta. Mia figlia ne è uscita con catalogo in una mano e matite da disegno nell'altra, "perchè questi me li copio tutti", io con l'appagamento di chi trae da questi eventi la speranza che non tutto sia perduto: e solo dietro al costo di un normale biglietto...
Ponte Vecchio: erano anni che non lo attraversavo, delusa com'ero dal degrado a cui era andato incontro, con un'invasione degli ambulanti seconda solo al Ponte di Rialto. Tant'è che ci siamo andate per quello che allora mi è parso un caso ed oggi invece mi sembra una botta di fortuna: tanti turisti e tanta confusione, ma in un luogo che è stato restituito al fascino di un tempo. Il selciato è sgombro, le vetrine delle gioiellerie scintillano e vista dall'Arno Firenze è , se possibile, ancora più bella, come ben sanno gli irriducibili della foto da cartolina in cui ti inciampi ogni tre per due... ma quelli, ormai, fan parte del pacchetto.
Palazzo Pitti: dolente nota. Dovrei farci un post,ma sarebbe roba da interrogazioni parlamentari, a dirla tutta. Il problema non riguarda le gestione, che è posto, almeno a quanto si vede, quanto semmai la collocazione delle opere d'arte e la loro conseguente valorizzazione. Non è possibile godersi nulla, in un palazzo allestito a quadreria, con spazi enormi, le cui pareti sono interamente ricoperte di capolavori segnalati solo dalla targhetta sulla cornice e, quel che è peggio,collocati nei posti più improbabili, senza nessun rispetto per la luce e le contorsioni a cui sono costretti i visitatori che ancora si ostinano a voler andare oltre la prima fila dei Raffaello, perchè magari c'è un tal Guido Reni che un'occhiatina la meriterebbe. Con i quadri di una sola sala,all'estero ci farebbero un museo, che diventerebbe immediatamente il polo di attrazione di studiosi e di turisti. Noi, ce li teniamo tutti ammassati così, in barba agli spazi che avremmo e alle potenzialità di fruizione che offrirebbero. mi fermo qui, perchè vado fuori tema e mi vien pure il nervoso, ma il tasto è dolente, come dicevo all'inizio. In ogni caso, guai a non visitarlo, sia per la quadreria (mai visti così tanti Raffaello in una botta sola, per dire, per tacer del resto), sia per gli appartamenti reali, che sono davvero una bellezza. Meno interessante il secondo piano, ma qui si tratta di gusti personali che non inficiano il giudizio complessivo. A vederlo tutto e bene non basterebbe una settimana. Se ci andate per la prima volta, vale il consiglio dato per gli Uffizi: se potete, selezionate le opere che desiderate vedere con più attenzione e rimandate il resto ad una prossima visita. Che intanto, Firenze è contagiosa e ci si deve tornare...
Chiesa di S. Felicita: appena toccata la sponda d'Oltrarno , da Ponte Vecchio, sulla sinistra. Io ci vado solo per la pala della Deposizione del Pontormo (vedi alla voce: ognuno ha le fisse che si merita) ma si tratta di un luogo di grande interesse storico, oltre che artistico: a dispetto delle forme, settecentesche, è una chiesa antichissima, come testimoniano le lapidi murate all'esterno, che rimandano all'epoca paleocristiana e addirittura romana, testimone oltretutto della presenza di una piccola comunità siriaca, che ha lasciato il segno in qualche iscrizione in greco. Se trovate una guida di Ars et Fides godetevi il tour: altrimenti, entrate anche solo per il Pontormo: non ve ne pentirete
Basiica di Santo Spirito: pensate un po' quello che volete: ma a me, il solo sapere che qui avvenne la folgorazione di Petrarca per Sant'Agostino (tutti in chiesa, se li beccava, 'sto qua: pure Laura, ricordate?), qui venia spesso Boccaccio ad ispirarsi (tant'è che alla sua morte gli Agostiniani si ritrovarono eredi della sua biblioteca, mica bruscolini), qui trovò rifugio il giovane michalengelo, all'indomani della morte di quel lorenzo de' Medici che lo aveva preso sotto la sua ala protettrice, e sotto le volte di questa chiesa esaminò cadaveri su cadaveri, per perfezionare i suoi srudi di anatomia, beh, dicevo, a me questo basta per procurarmi una scarica di emozioni che iniziano appena passo Ponte vecchio , proseguono lungo le vie di uno dei quartieri più belli della città e culminano negli interni del Bunelleschi, di cui la basilica costituisce l'ultima impresa, una sorta di testamento artistico che ricapitola in forme perfette i principi di colui che , come nessuno, seppe tracciare in modo magistrale il profilo della sua città. in segno di gratitudine, Michelangelo lasciò un crocifisso ligneo, fino a dieci anni fa a Casa Buonarroti, ora ospitato in sacrestia. dovrebbe essercene anche un altro, di acquisizione recente e di dimensioni più piccole, di cui però non ho trovato traccia- nè del crocifisso, nè di un Agostiniano di passaggio a cui chiedere lumi. Passo la palla a voi, nel caso foste prossimi a partire o ne sapeste più di me: che intanto, la scusa buona per tornare serve sempre...
Cappella Brancacci: Santo Spirito è a due passi, ma il quartiere dove si trova la Brancacci è tutto diverso- meno elegante, più popolare. Di sicuro ha perso le suggestioni di un tempo e basta guardare mia figlia, che ha dismesso lo guardo estatico e ha rimesso l'ipod, per rendermene conto. "Non ha letto Pratolini", penso e subito dopo aggiungo "meno male che c'è la Brancacci", con la sicurezza di chi sa che basterà un'occhiata per riaccendere ogni entusiasmo. Per quanto sia sempre affollata e a dispetto della meritatissima fama, la visita a questa cappella, nel complesso della Chiesa del Carmine, non è sempre compresa nei tour classici. La maggior parte delle perosne che conosco, per dire, l'ha vista solo in un secondo tempo. Io ci ero andata apposta, ai tempi del famoso restauro che aveva cancellato le foglie di fico dalle pudenda di Adamo ed Eva e - cosa ben più importante- aveva resituito gli antichi colori agli affreschi di Masolino e Masaccio. Da allora, ci sono tornata- e l'emozione è la stessa, anche se bisogna concentrarla tutta in soli venti minuti, perchè di più non vi ci lasciano stare: e lì dentro, il temppo vola, più che altrove.
Santa Trìnita: l'accento è sulla i e guai a sbagliarvi o, peggio ancora, a perdervi: nessuno vi darà indicazioni per la chiesa di Santa Trinità, perchè a Firenze c'è solo santa Trinita- e va bene così. Anzi, diciamocela tutta: va benissimo. Perchè è chiesa di straordinaria bellezza, da segnare fra gli imperdibili del vostro giro, non foss'altro che per l'atmosfera tutta diversa che si respira sotto le sue volte. A dispetto dei rimaneggiamenti cinquecenteschi e dello scempio degli affreschi che portarono con sè, questa è una delle poche chiese fiorentine in cui siano rimaste quelle suggestioni tutte peculiari che solo lo stile gotico sa dare. Se non siete ancora stanchi, ci sono anche dei bellissimi affreschi di Lorenzo Monaco, in una delle cappelle di destra e sua è l'Annunciazione della pala dell'altare. Il "grave tour" segnala la tomba di Dino Compagni (quello de "il Compagni ed il Villani", reminsecenze del liceo), ma non è così importante. Quello che importa è inserire la visita di questa chiesa nei vostri giri: che intanto, è di fronte al museo di Ferragamo, in cima a via Tornabuoni, in un tripudio di vetrine e di grandi firme che rende ancor più piacevole il tragitto.
Orsanmichele: impossibile non vederla, in entrambi i sensi: ve la vedete di fianco, mentre vi muovete dal Duomo in Piazza della Signoria, lungo via Calzaiuoli e non c'è neppure bisogno di chiedersi che cosa vi riserverà all'interno, visto che il solo esterno basterebbe e avanzerebbe: una teoria di statue, un crescendo di nomi (Donatello, Verrocchio, Ghiberti, tanto per citare i più famosi e l'ordine di preferenza lo lascio a voi),al di sotto di una serie di tondi dei della Robbia e bottega, ad indicare gli stemmi delle antiche arti e a ricordare che l'edificio, in origine, era tutto fuorchè una chiesa. Si tratta infatti dell'antica loggia del grano, poi trasformata in chiesa delle Arti fiorentine, come testimoniano le statue che raffigurano i vari santi Patroni, ciascuna commissionata da ogni corporazione. Il che significa dare l'innesto ad una vera e propria gara a chi lo fa meglio: m'hai ingaggiato Ghiberti? e io chiamo il Verrocchio. Gli hai fatto la tiara? E io le fo la corona- e così via, in una di quei campionati d'orgoglio dei cui risultati beneficiamo ancor oggi. L'interno... beh, sentite, facciamola breve: alzi la mano chi è riuscito a star ritto in piedi di fronte alla Madonna dell'Orcagna, quella nel tabernacolo, intendo. Noi, ogni volta, finiamo per sederci. La scusa è che dobbiamo prenderci il tempo che ci vuole, per ammirare un simile capolavoro, ma la verità è che l'emozione ci sega le gambe, ogni volta.
Santa Maria Maggiore: a proposito di chiese che son lì: questa è in via dei Cerretani ed è anche sempre aperta: un ottimo modo per passare il tempo, in attesa che si decidano ad aprire il Battistero, per esempio. La chicca è la tomba di Brunetto Latini, quello del Tesoretto, del "siete voi Ser Brunetto?" e, conoscendovi, meglio che ci si fermi qui. Per il resto, siammo alle solite. Altrove, sarebbe opera da due stellette: qui, si guarda e si passa....
Galleria dell'Accademia: per noi si è trattato di un fuori programma, per il quale si è spesa mezz'ora buona in coda, in mezzo ai turisti (americani su tutti). Non siamo alle due ore di attesa degli Uffizi, ma prenotare è comunque opportuno. Subito lì vicino c'è il Conservatorio della città, dedicato a Cherubini e non è un caso che la prima cosa che si veda, una volta entrati in Accademia, sia la sezione degli strumenti antichi, condivisa proprio con questa istituzione. Per ovvi motivi, noi ci passiamo una buona mezz'ora ma, a meno che non abbiate con voi un musicista fanatico, ci si sbriga in molto meno tempo. L'esatto contrario di quello che succede una volta che si è di fronte al David, nella galleria: più lo guardi e più lo guarderesti, in una sorta di magnetismo fatale che ci rende tutti uguali, io con la mia puzza sotto il naso e la rassegna stampa di FMR in borsa e la turista americana con la mappa della città coi disegnini dei monumenti. Lungo i lati della galleria ci sarebbero i Prigioni, ma mai collocazione fu più infelice, perchè non se li fila nessuno. Esattamente come si passa dritti davanti a tutto il resto, purtroppo: stavolta, lo facciamo anche noi e la scusa del fuori programma regge fino a un certo punto. Di nuovo, troppe cose. Allestite molto ma molto ma molto meglio che a Palazzo Pitti, ma sempre con un criterio che sembra rispondere più alla necessità del "devo farcele stare tutte" che non a quello della valorizzazione. Un esempio su tutti, la sala dei Gessi, che affastella pezzi di pregio e opere di minor conto, senza nessuna logica apparente.
Museo del Bargello: a proposito di affastellamenti, ma in chiave intelligente, ecco un museo che non ci perdiamo mai, ogni volta che andiamo a Firenze. Se considerate che in trent'anni è rimasto sempre uguale, potete farvi una vaga idea dell'amore che proviamo verso questa collezione e verso questo edificio, l'antico palazzo del Capitano del Popolo, evolutosi (?) naturalmente in carcere cittadino.
Ponte Vecchio: erano anni che non lo attraversavo, delusa com'ero dal degrado a cui era andato incontro, con un'invasione degli ambulanti seconda solo al Ponte di Rialto. Tant'è che ci siamo andate per quello che allora mi è parso un caso ed oggi invece mi sembra una botta di fortuna: tanti turisti e tanta confusione, ma in un luogo che è stato restituito al fascino di un tempo. Il selciato è sgombro, le vetrine delle gioiellerie scintillano e vista dall'Arno Firenze è , se possibile, ancora più bella, come ben sanno gli irriducibili della foto da cartolina in cui ti inciampi ogni tre per due... ma quelli, ormai, fan parte del pacchetto.
Palazzo Pitti: dolente nota. Dovrei farci un post,ma sarebbe roba da interrogazioni parlamentari, a dirla tutta. Il problema non riguarda le gestione, che è posto, almeno a quanto si vede, quanto semmai la collocazione delle opere d'arte e la loro conseguente valorizzazione. Non è possibile godersi nulla, in un palazzo allestito a quadreria, con spazi enormi, le cui pareti sono interamente ricoperte di capolavori segnalati solo dalla targhetta sulla cornice e, quel che è peggio,collocati nei posti più improbabili, senza nessun rispetto per la luce e le contorsioni a cui sono costretti i visitatori che ancora si ostinano a voler andare oltre la prima fila dei Raffaello, perchè magari c'è un tal Guido Reni che un'occhiatina la meriterebbe. Con i quadri di una sola sala,all'estero ci farebbero un museo, che diventerebbe immediatamente il polo di attrazione di studiosi e di turisti. Noi, ce li teniamo tutti ammassati così, in barba agli spazi che avremmo e alle potenzialità di fruizione che offrirebbero. mi fermo qui, perchè vado fuori tema e mi vien pure il nervoso, ma il tasto è dolente, come dicevo all'inizio. In ogni caso, guai a non visitarlo, sia per la quadreria (mai visti così tanti Raffaello in una botta sola, per dire, per tacer del resto), sia per gli appartamenti reali, che sono davvero una bellezza. Meno interessante il secondo piano, ma qui si tratta di gusti personali che non inficiano il giudizio complessivo. A vederlo tutto e bene non basterebbe una settimana. Se ci andate per la prima volta, vale il consiglio dato per gli Uffizi: se potete, selezionate le opere che desiderate vedere con più attenzione e rimandate il resto ad una prossima visita. Che intanto, Firenze è contagiosa e ci si deve tornare...
Chiesa di S. Felicita: appena toccata la sponda d'Oltrarno , da Ponte Vecchio, sulla sinistra. Io ci vado solo per la pala della Deposizione del Pontormo (vedi alla voce: ognuno ha le fisse che si merita) ma si tratta di un luogo di grande interesse storico, oltre che artistico: a dispetto delle forme, settecentesche, è una chiesa antichissima, come testimoniano le lapidi murate all'esterno, che rimandano all'epoca paleocristiana e addirittura romana, testimone oltretutto della presenza di una piccola comunità siriaca, che ha lasciato il segno in qualche iscrizione in greco. Se trovate una guida di Ars et Fides godetevi il tour: altrimenti, entrate anche solo per il Pontormo: non ve ne pentirete
Basiica di Santo Spirito: pensate un po' quello che volete: ma a me, il solo sapere che qui avvenne la folgorazione di Petrarca per Sant'Agostino (tutti in chiesa, se li beccava, 'sto qua: pure Laura, ricordate?), qui venia spesso Boccaccio ad ispirarsi (tant'è che alla sua morte gli Agostiniani si ritrovarono eredi della sua biblioteca, mica bruscolini), qui trovò rifugio il giovane michalengelo, all'indomani della morte di quel lorenzo de' Medici che lo aveva preso sotto la sua ala protettrice, e sotto le volte di questa chiesa esaminò cadaveri su cadaveri, per perfezionare i suoi srudi di anatomia, beh, dicevo, a me questo basta per procurarmi una scarica di emozioni che iniziano appena passo Ponte vecchio , proseguono lungo le vie di uno dei quartieri più belli della città e culminano negli interni del Bunelleschi, di cui la basilica costituisce l'ultima impresa, una sorta di testamento artistico che ricapitola in forme perfette i principi di colui che , come nessuno, seppe tracciare in modo magistrale il profilo della sua città. in segno di gratitudine, Michelangelo lasciò un crocifisso ligneo, fino a dieci anni fa a Casa Buonarroti, ora ospitato in sacrestia. dovrebbe essercene anche un altro, di acquisizione recente e di dimensioni più piccole, di cui però non ho trovato traccia- nè del crocifisso, nè di un Agostiniano di passaggio a cui chiedere lumi. Passo la palla a voi, nel caso foste prossimi a partire o ne sapeste più di me: che intanto, la scusa buona per tornare serve sempre...
Cappella Brancacci: Santo Spirito è a due passi, ma il quartiere dove si trova la Brancacci è tutto diverso- meno elegante, più popolare. Di sicuro ha perso le suggestioni di un tempo e basta guardare mia figlia, che ha dismesso lo guardo estatico e ha rimesso l'ipod, per rendermene conto. "Non ha letto Pratolini", penso e subito dopo aggiungo "meno male che c'è la Brancacci", con la sicurezza di chi sa che basterà un'occhiata per riaccendere ogni entusiasmo. Per quanto sia sempre affollata e a dispetto della meritatissima fama, la visita a questa cappella, nel complesso della Chiesa del Carmine, non è sempre compresa nei tour classici. La maggior parte delle perosne che conosco, per dire, l'ha vista solo in un secondo tempo. Io ci ero andata apposta, ai tempi del famoso restauro che aveva cancellato le foglie di fico dalle pudenda di Adamo ed Eva e - cosa ben più importante- aveva resituito gli antichi colori agli affreschi di Masolino e Masaccio. Da allora, ci sono tornata- e l'emozione è la stessa, anche se bisogna concentrarla tutta in soli venti minuti, perchè di più non vi ci lasciano stare: e lì dentro, il temppo vola, più che altrove.
Santa Trìnita: l'accento è sulla i e guai a sbagliarvi o, peggio ancora, a perdervi: nessuno vi darà indicazioni per la chiesa di Santa Trinità, perchè a Firenze c'è solo santa Trinita- e va bene così. Anzi, diciamocela tutta: va benissimo. Perchè è chiesa di straordinaria bellezza, da segnare fra gli imperdibili del vostro giro, non foss'altro che per l'atmosfera tutta diversa che si respira sotto le sue volte. A dispetto dei rimaneggiamenti cinquecenteschi e dello scempio degli affreschi che portarono con sè, questa è una delle poche chiese fiorentine in cui siano rimaste quelle suggestioni tutte peculiari che solo lo stile gotico sa dare. Se non siete ancora stanchi, ci sono anche dei bellissimi affreschi di Lorenzo Monaco, in una delle cappelle di destra e sua è l'Annunciazione della pala dell'altare. Il "grave tour" segnala la tomba di Dino Compagni (quello de "il Compagni ed il Villani", reminsecenze del liceo), ma non è così importante. Quello che importa è inserire la visita di questa chiesa nei vostri giri: che intanto, è di fronte al museo di Ferragamo, in cima a via Tornabuoni, in un tripudio di vetrine e di grandi firme che rende ancor più piacevole il tragitto.
Orsanmichele: impossibile non vederla, in entrambi i sensi: ve la vedete di fianco, mentre vi muovete dal Duomo in Piazza della Signoria, lungo via Calzaiuoli e non c'è neppure bisogno di chiedersi che cosa vi riserverà all'interno, visto che il solo esterno basterebbe e avanzerebbe: una teoria di statue, un crescendo di nomi (Donatello, Verrocchio, Ghiberti, tanto per citare i più famosi e l'ordine di preferenza lo lascio a voi),al di sotto di una serie di tondi dei della Robbia e bottega, ad indicare gli stemmi delle antiche arti e a ricordare che l'edificio, in origine, era tutto fuorchè una chiesa. Si tratta infatti dell'antica loggia del grano, poi trasformata in chiesa delle Arti fiorentine, come testimoniano le statue che raffigurano i vari santi Patroni, ciascuna commissionata da ogni corporazione. Il che significa dare l'innesto ad una vera e propria gara a chi lo fa meglio: m'hai ingaggiato Ghiberti? e io chiamo il Verrocchio. Gli hai fatto la tiara? E io le fo la corona- e così via, in una di quei campionati d'orgoglio dei cui risultati beneficiamo ancor oggi. L'interno... beh, sentite, facciamola breve: alzi la mano chi è riuscito a star ritto in piedi di fronte alla Madonna dell'Orcagna, quella nel tabernacolo, intendo. Noi, ogni volta, finiamo per sederci. La scusa è che dobbiamo prenderci il tempo che ci vuole, per ammirare un simile capolavoro, ma la verità è che l'emozione ci sega le gambe, ogni volta.
Santa Maria Maggiore: a proposito di chiese che son lì: questa è in via dei Cerretani ed è anche sempre aperta: un ottimo modo per passare il tempo, in attesa che si decidano ad aprire il Battistero, per esempio. La chicca è la tomba di Brunetto Latini, quello del Tesoretto, del "siete voi Ser Brunetto?" e, conoscendovi, meglio che ci si fermi qui. Per il resto, siammo alle solite. Altrove, sarebbe opera da due stellette: qui, si guarda e si passa....
Galleria dell'Accademia: per noi si è trattato di un fuori programma, per il quale si è spesa mezz'ora buona in coda, in mezzo ai turisti (americani su tutti). Non siamo alle due ore di attesa degli Uffizi, ma prenotare è comunque opportuno. Subito lì vicino c'è il Conservatorio della città, dedicato a Cherubini e non è un caso che la prima cosa che si veda, una volta entrati in Accademia, sia la sezione degli strumenti antichi, condivisa proprio con questa istituzione. Per ovvi motivi, noi ci passiamo una buona mezz'ora ma, a meno che non abbiate con voi un musicista fanatico, ci si sbriga in molto meno tempo. L'esatto contrario di quello che succede una volta che si è di fronte al David, nella galleria: più lo guardi e più lo guarderesti, in una sorta di magnetismo fatale che ci rende tutti uguali, io con la mia puzza sotto il naso e la rassegna stampa di FMR in borsa e la turista americana con la mappa della città coi disegnini dei monumenti. Lungo i lati della galleria ci sarebbero i Prigioni, ma mai collocazione fu più infelice, perchè non se li fila nessuno. Esattamente come si passa dritti davanti a tutto il resto, purtroppo: stavolta, lo facciamo anche noi e la scusa del fuori programma regge fino a un certo punto. Di nuovo, troppe cose. Allestite molto ma molto ma molto meglio che a Palazzo Pitti, ma sempre con un criterio che sembra rispondere più alla necessità del "devo farcele stare tutte" che non a quello della valorizzazione. Un esempio su tutti, la sala dei Gessi, che affastella pezzi di pregio e opere di minor conto, senza nessuna logica apparente.
Museo del Bargello: a proposito di affastellamenti, ma in chiave intelligente, ecco un museo che non ci perdiamo mai, ogni volta che andiamo a Firenze. Se considerate che in trent'anni è rimasto sempre uguale, potete farvi una vaga idea dell'amore che proviamo verso questa collezione e verso questo edificio, l'antico palazzo del Capitano del Popolo, evolutosi (?) naturalmente in carcere cittadino.
Già il Palazzo ha un che di magico. So che non si può dire, ma a me pare più bello di Palazzo Vecchio, con tutta che porta con sè una storia di sicuro più truce, visto che per molti secoli ospitò anche la sala delle torture. Ma fu anche fra i primi carceri italiani ad abbandonare questa pratica, grazie alle illuminate riforme del granduca Leopoldo ed oggi ospita una delle camere delle meraviglie più belle del mondo. Non c'è sala dove non valga la pena di dimenticarsi di tutto quello che sta fuori, ma se proprio dovessi scegliere, non perderei mai gli avori del medioevo francese, i bronzetti originali del Cellini, che prima contornavano il basamento del Perseo, in Piazza della Signoria), il David e l'Attys di Donatello e, buon ultimo, il più antico ritratto di Dante, dipinto da Giotto, nella cappella di S. Maria Maddalena. Ogni volta gli controllo il naso e son sempre più convinta che l'iconografia tradizionale non gli abbia reso giustizia...
Convento e Museo di S. Marco: dopo il Bargello, è il mio "museo del cuore". L'ho sempre visto con gli occhi della devozione, ora che son con mia figlia lo guardo da una prospettiva più storica, ma l'emozione è ugualmente intensa. Il tempo che di solito trascorrevo in contemplazione delle pitture dell'Angelico, nelle varie celle dei monaci, ora passa quasi interamente nelle camere che furono del Savonarola, ripercorrendone la storia e rivivendo i momenti che precedettero la sua morte. Sarà perchè in un luogo dove regna una tale pace i contrasti si stagliano in maniera più netta che altrove, ma il ricordo di quei momenti, della violenza di certo fervore, della concitazione dell'arresto e del dolore del suo tragico epilogo li rende talmente vivi da pensare per un attimo che il tempo non sia passato. Oppure, più semplicemente, è solo perchè a San Marco il tempo non è passato. Tutto è rimasto come allora, spoglio e nitido e puro e le pitture dell'Angelico, così connaturate all'ambiente, non fanno che enfatizzarne ulterioromente i caratteri, rendendolo un luogo unico e imperdibile.
Chiesa della SS. Annunziata e Spedale degli Innocenti: qui, invece, mi tocca fare una pubblica ammenda. Perchè li ho sempre visti male. colpa della posizione, a metà fra San Marco e l'Accademia, per cui si finisce sempre per arrivarci sfiniti e non goderseli mai come meriterebbero. Ma lo dicevo poco fa, che ho sempre bisogno di una scusa buona per tornare a Firenze: e la prossima, so già quale sarà...
per concludere, eccovi un brevissimo diario della tre giorni fiorentina a cui accennavo sopra: mia figlia è da sempre la mia compagna di viaggio preferita, ma stavolta era particolarmente ispirata: solo all'ultimo, ha esalato un "non ne posso più", nel momento esatto in cui io iniziavo a prenderci gusto. Ma per il resto è stata docile, disponibile, propositiva e pure stoica. Il risultato, eccolo qui
I giorno
partenza da Genova alle 7, arrivo a Firenze intorno alle 10. il B&B era subito dietro la stazione e nel giro di mezz'ora eravamo di nuovo in strada, con in tasca una prenotazione per gli Uffizi per le 11.45. Prima tappa da Scuderi (???? correggetemi) per due bomboloni di rito, e poi giro in piazza della Signoria e Palazzo Vecchio (solo esterno), passando per Orsanmichele (interno ed esterno). Conversione delle prenotazioni in biglietti, entriamo agli Uffizi intorno a mezzogiorno e stiamo lì le tre ore previste . Il pranzo è il panino in terrazza, al bar della Galleria. Un giro per Santa Croce con tanto di prime incursioni nello shopping fiorentino e poi si arriva alla chiesa: becchiamo d subito la visita guidata e in un'ora vediamo tutto. Sosta ristoro al Gilli e da lì si passeggia fino al Museo dell'Opera del Duomo, dove passiamo almeno un'ora. Rientro in B&B e cena nell'osteria di fronte
II giorno
Transitiamo un po' dvanti a S. Maria Novella, finchè non realizziamo che qiel giovedì apre alle 11 e oggi, toh guarda, è proprio quel giovedì. Allora si va in S. Lorenzo e lì si sta, fino all'or di pranzo: mercato, acquisti di rito (ho promesso guanti a tutta la famiglia), chiesa, biblioteca, mostra annessa, cappelle medicee- e poi il Mercato coperto e Mario, che ci dà appuntamento dopo mezz'ora. La trascorriamo bighellonando per il quartiere, comprando i cantucci nel forno e scegliendo i prossimi regali nella bottega degli stumenti musicali. Al pomeriggio, si va subito a Santa Maria Novella, poi a Palazzo Strozzi, a vedere la mostra e poi a Palazzo Pitti. La sera ci coglie sfinite e non basta la cioccolata calda del Rivoire a tirarci su: si finisce per comprare focacce da Verrazzano (nella strada di fronte a Orsanmichele, andateci solo per il posto) e si cena in hotel, che intanto c'è Masterchef a farci compagnia
III giorno
Alle 9 siamo al Bargello e ci stiamo quasi due ore. Poi visitiamo il Duomo, approfittando dell'unico momento in cui c'è poca coda e da lì ci spostiamo verso l'Accademia. Troppa coda, si va a San Marco- e intanto si è fatta l'una. Giro veloce all'Annunziata e allo Spedale degli Innocenti e -sorpresa- poca gente di fronte all'Accademia. ritentiamo: alla fine aspettiamo comunque una mezz'ora e ne spendiamo un'altra in mezzo agli strumenti musicali. Estasi di rito, davanti al Davis e rimandiamo il resto della visita alla prossima volta. Usciamo che son le due e abbiamo fame. Pizza veloce di fronte al Duomo, giro nel Battistero e poi alle Giubbe Rosse per fare il punto su cosa manca. E' dopo essersi ritemprata con una fetta di Sacher che alla creatura viene in mente Santa Trinita, che apre alle 4- e son solo le tre. "E allora, andiamo a veder la Brancacci, no?" e così, si riattraversa l'Arno e si vedono solo la Cappella (che intanto, più di venti minuti non ci si può stare) e poi si torna per Santo Spirito e per il ponte che ti riporta a Santa Trinita che, finalmente, è aperta. Guardo l'orologio e son le 4 e mezza. il treno è fra un'ora e se si prende una scorciatoia, da lì per il B&B, si passa davanti a Ognissanti, ma solo per vedere com'è. L'ultimo ciak ci vede supplicare il capotreno perchè non siamo riuscite a timbrare il biglietto, che sennò si perdeva il diretto per Pisa...