Nigella's Gingerbread.... ad agosto????
Mettiamola così: attacco di cucina compulsiva. Di quelle che "lo-devo-fare-assolutamente", eccchissenefrega se fuori co son trenta gradi, se vanno tutti al mare, se dovrai arrampicarti sugli specchi per dare uno straccio di spiegazione plausibile, che quanto meno ti faccia ancora apparire "strana" agli occhi degli amici e non "da ricovero immediato".
Mai successo?
A me sì, un sacco di volte. E l'ultima, proprio sul finire della vacanza, mentre eravamo a Bath.
Prima, però, un passo indietro.
E' da quando eravamo piccole che ad ogni viaggio mia mamma ci portava nei supermercati del posto in cui ci si trovava. Non che trascurasse il resto, tutt'altro: è che il supermercato costituiva un passaggio obbligato del nostro ruolino di marcia: museo-cattedrale- centro storico- super, con l'ordine che poteva variare ma i fattori che rimanevano sempre quelli. Dopodichè, iniziava la perlustrazione di tutti gli scaffali, con la stessa attenzione con cui, fino ad allora, avevamo perlustrato i corridoi delle pinacoteche o le navate delle chiese e poi si finiva inevitabilmente alle casse con carrelli pieni di prodotti allora da noi introvabili come la polenta bianca, le farine con vari semi, zuccheri dagli strani colori e spezie di ogni tipo, a rimpinguare lo scomparto del "famolo strano" della nostra dispensa.
Negli anni, le cose sono rimaste uguali: anche se, via via, ampliavamo il raggio dei nostri viaggi, il giro al supermercato rimaneva lo stesso- così come la stessa era l'incavolatura di mio padre, quando ci vedeva uscire cariche di borsine - "e cos'è che avete comprato, questa volta, possibile che a Genova non ce le abbiamo, 'ste cose, mi spieghi dove le metto???" e via dicendo.
E così, quando ho cominciato a viaggiare da sola, in un modo ovviamente differente da quello dei miei genitori, questa abitudine l'ho mantenuta : in qualsiasi posto vada, la prima cosa che controllo sono gli orari del super più vicino e su questi mi regolo per tutto il resto. Non solo: nei posti che conosco meglio vi so anche dire "dove" comprare "cosa" e se siete particolarmente fortunati, oltre che il nome della catena, vi dò anche l'indirizzo. Volete farvi una scorta di Twinings? Andate alla Tesco, in Gran Bretagna: ve lo tirano dietro. E così per le spezie per i Lebcucken o le senapi aromatizzate e la creme fraiche: non vi dico che son pure aggiornata sui tre per due, ma non è detto che col tempo ci arrivi.
Insomma, per farla breve, non eravamo ancora arrivati a Bath che già mi ero fiondata in un WHSmith, che svendeva l'opera omnia della Nigella, facendo perdere un quarto d'ora ad una scaletta già risicata e suscitando il sarcasmo del marito ("Carola, la mamma mi ha fatto risparmiare anche stavolta, come siamo fortunati"); e quindi stavamo correndo come dei forsennati verso le terme quando, all'improvviso, mi viene in mente che, proprio dietro al punto in cui ci trovavamo in quel momento, vent'anni fa c'era un mega supermercato.
Sebbene normalmente abbia il senso di orientamento di un piccione viaggiatore morto (altro battutone del marito, su, su, ridete), i negozi li becco tutti alla prima. E così è stato anche stavolta, con un Waterstone modello centro commerciale, con una food hall da far paura.
"Il Waterstone è quello delle conserve", ho replicato alle obiezioni del marito, con la stessa fermezza con cui i martiri prendevano la via del supplizio, e tempo un quarto d'ora avevo scorte di salse alla menta, composte di mirtilli rossi, paste di zenzero, crema di horseradish and so on tanto che, mentre ero in coda alle casse, notavo con soddisfazione di essere stata nei tempi.
Se non che, per ingannare l'attesa, ho aperto a caso un libro a caso della Nigella, alla pagina del Gingerbread, uno dei dolci più amati da mia figlia, che io ho sempre fatto con quello che il mercato genovese mette a disposizione. Mentre ora avevo l'occasione di rifornirmi di tutto, nientemeno che con la stessa Nigella a farmi da guida... ma quando mi capitava più?
e così, son tornata indietro, ho recuperato tutto quello che serviva e, una volta a casa, ho acceso il forno, per produrre the Real Homemade Gingerbread. In casa, c'era un profumo di attesa, con lo zenzero a ricordare il Natale e mia figlia che si torceva le mani - dai mamma, solo una fettina- mentre il dolce raffreddava sulla gratella, veniva ricoperto di glassa e poi messo sul tavolo "che fino a quando non è pronto, non si taglia". Mi sembrava di essere tornata indietro di dieci anni, quando lei era piccola e la cucina era il posto tutto per noi, dove ci prendevamo cura l'una dell'altra, io preparandole le cose che più le piacevano, lei ricompensandomi con sorrisi sdentati e baci appiccicosi- e quando ho affondato il coltello nella torta, per offrirle la prima fetta, ero intenerita e commossa.
"Ecco, amore, tutta per te"
"bleahhhh, che schifo.... ma questo non è il pan di zenzero che fai tu! Questo fa vomitare!!"
Lo assaggio: non fa vomitare, tutt'altro. Ha un gusto pregnante, deciso, pungente, come tutti i gingerbread che si preparano in casa da una certa latitudine in su, quando con il sapore forte dello zucchero muscovado ci si cresce, sin da bambini. Per i nostri palati, da poco avvezzi al solo zucchero di canna, l'impatto è brusco, ma hai voglia a spiegarle che è solo questione di farci l'abitudine: "a me piace quello che fai tu"
E per una volta che "mamma 1- resto del mondo 0", non insisto. Per cui, tornerò alla mia vecchia, collaudata e amatissima ricetta. Ma per quella, aspettiamo Natale...
Mai successo?
A me sì, un sacco di volte. E l'ultima, proprio sul finire della vacanza, mentre eravamo a Bath.
Prima, però, un passo indietro.
E' da quando eravamo piccole che ad ogni viaggio mia mamma ci portava nei supermercati del posto in cui ci si trovava. Non che trascurasse il resto, tutt'altro: è che il supermercato costituiva un passaggio obbligato del nostro ruolino di marcia: museo-cattedrale- centro storico- super, con l'ordine che poteva variare ma i fattori che rimanevano sempre quelli. Dopodichè, iniziava la perlustrazione di tutti gli scaffali, con la stessa attenzione con cui, fino ad allora, avevamo perlustrato i corridoi delle pinacoteche o le navate delle chiese e poi si finiva inevitabilmente alle casse con carrelli pieni di prodotti allora da noi introvabili come la polenta bianca, le farine con vari semi, zuccheri dagli strani colori e spezie di ogni tipo, a rimpinguare lo scomparto del "famolo strano" della nostra dispensa.
Negli anni, le cose sono rimaste uguali: anche se, via via, ampliavamo il raggio dei nostri viaggi, il giro al supermercato rimaneva lo stesso- così come la stessa era l'incavolatura di mio padre, quando ci vedeva uscire cariche di borsine - "e cos'è che avete comprato, questa volta, possibile che a Genova non ce le abbiamo, 'ste cose, mi spieghi dove le metto???" e via dicendo.
E così, quando ho cominciato a viaggiare da sola, in un modo ovviamente differente da quello dei miei genitori, questa abitudine l'ho mantenuta : in qualsiasi posto vada, la prima cosa che controllo sono gli orari del super più vicino e su questi mi regolo per tutto il resto. Non solo: nei posti che conosco meglio vi so anche dire "dove" comprare "cosa" e se siete particolarmente fortunati, oltre che il nome della catena, vi dò anche l'indirizzo. Volete farvi una scorta di Twinings? Andate alla Tesco, in Gran Bretagna: ve lo tirano dietro. E così per le spezie per i Lebcucken o le senapi aromatizzate e la creme fraiche: non vi dico che son pure aggiornata sui tre per due, ma non è detto che col tempo ci arrivi.
Insomma, per farla breve, non eravamo ancora arrivati a Bath che già mi ero fiondata in un WHSmith, che svendeva l'opera omnia della Nigella, facendo perdere un quarto d'ora ad una scaletta già risicata e suscitando il sarcasmo del marito ("Carola, la mamma mi ha fatto risparmiare anche stavolta, come siamo fortunati"); e quindi stavamo correndo come dei forsennati verso le terme quando, all'improvviso, mi viene in mente che, proprio dietro al punto in cui ci trovavamo in quel momento, vent'anni fa c'era un mega supermercato.
Sebbene normalmente abbia il senso di orientamento di un piccione viaggiatore morto (altro battutone del marito, su, su, ridete), i negozi li becco tutti alla prima. E così è stato anche stavolta, con un Waterstone modello centro commerciale, con una food hall da far paura.
"Il Waterstone è quello delle conserve", ho replicato alle obiezioni del marito, con la stessa fermezza con cui i martiri prendevano la via del supplizio, e tempo un quarto d'ora avevo scorte di salse alla menta, composte di mirtilli rossi, paste di zenzero, crema di horseradish and so on tanto che, mentre ero in coda alle casse, notavo con soddisfazione di essere stata nei tempi.
Se non che, per ingannare l'attesa, ho aperto a caso un libro a caso della Nigella, alla pagina del Gingerbread, uno dei dolci più amati da mia figlia, che io ho sempre fatto con quello che il mercato genovese mette a disposizione. Mentre ora avevo l'occasione di rifornirmi di tutto, nientemeno che con la stessa Nigella a farmi da guida... ma quando mi capitava più?
e così, son tornata indietro, ho recuperato tutto quello che serviva e, una volta a casa, ho acceso il forno, per produrre the Real Homemade Gingerbread. In casa, c'era un profumo di attesa, con lo zenzero a ricordare il Natale e mia figlia che si torceva le mani - dai mamma, solo una fettina- mentre il dolce raffreddava sulla gratella, veniva ricoperto di glassa e poi messo sul tavolo "che fino a quando non è pronto, non si taglia". Mi sembrava di essere tornata indietro di dieci anni, quando lei era piccola e la cucina era il posto tutto per noi, dove ci prendevamo cura l'una dell'altra, io preparandole le cose che più le piacevano, lei ricompensandomi con sorrisi sdentati e baci appiccicosi- e quando ho affondato il coltello nella torta, per offrirle la prima fetta, ero intenerita e commossa.
"Ecco, amore, tutta per te"
"bleahhhh, che schifo.... ma questo non è il pan di zenzero che fai tu! Questo fa vomitare!!"
Lo assaggio: non fa vomitare, tutt'altro. Ha un gusto pregnante, deciso, pungente, come tutti i gingerbread che si preparano in casa da una certa latitudine in su, quando con il sapore forte dello zucchero muscovado ci si cresce, sin da bambini. Per i nostri palati, da poco avvezzi al solo zucchero di canna, l'impatto è brusco, ma hai voglia a spiegarle che è solo questione di farci l'abitudine: "a me piace quello che fai tu"
E per una volta che "mamma 1- resto del mondo 0", non insisto. Per cui, tornerò alla mia vecchia, collaudata e amatissima ricetta. Ma per quella, aspettiamo Natale...
NIGELLA'S GINGERBREAD
da How to be a Domestic Goddness
da How to be a Domestic Goddness
mezza tazza più due cucchiai di burro- 145 g di burro
mezza tazza più due cucchiai di zucchero muscovado scuro-circa 130 g
mezza tazza più due cucchiai di zucchero muscovado scuro-circa 130 g
3/4 di tazza di corn syrup: il corn syrup è uno sciroppo di mais che da noi si trova in qualche negozio biologico. L'ho sempre sostituito col miele di castagno, andando molto ad occhio nelle dosi: qui potrebbero essere circa tre cucchiai
3/4 di tazza di melassa- 180 g.
2 cucchiaini di zeznero fresco, grattugiato fine
1 cucchiaino di cannella
1 tazza più due cucchiai di latte (250 ml)
2 uova grandi, leggermente sbattute
1 cucchiaino di lievito in polvere, fatto sciogliere in due cucchiai di acqua tiepida
2 cup di farina - 250 g
per la glassa
1 cucchiaio di succo di limone
100 g di zucchero a velo setacciato
1 cucchiaio di acqua tiepida
(apro e chiudo: con queste dosi, viene una glassa troppo liquida: se la volete compatta, come nella foto, partite da un cucchiaino d'acqua e uno di limone: se è il caso, avete tempo ad aggiungere quello che manca)
Sciogliere il burro con lo zucchero, il corn syrup, la melassa, la cannella e lo zenzero, in una pentola capace e , fuori dal fuoco, aggiungere le uova, il lievito con la sua acqua e il latte. Mescolare bene e aggiungere la farina, incorporandola perfettamente al composto: dovrete avere un impasto molto liquido. Riempite uno stampo da plum cake da un litro, rivestito di carta da forno e infornate a 180 gradi per 45 minuti o anche qualcosa di più: eventualmente, coprite la superficie con un foglio di alluminio. Fate la prova stecchino: se esce umido, ma non bagnato, è cotto
Lasciar raffreddare cinque minuti nello stampo, poi trasferire il cake su una gratella e lasciarlo raffreddare completamente.
Preparare la glassa
Setacciate bene lo zucchero a velo in una terrina.
Consiglio sempre di tenerne un po' a portata di mano, perchè è facile che se ne debba aggiungere ancora, in corso d'opera. Aggiungete qualche goccia di succo di limone e un cucchiaino d'acqua e iniziate a mescolare rapidamente: dovrebbe formarsi una glassa molto densa. A questo punto, sta a voi decidere come procedere, aggiungendo un po' di liquido per diluirla o no. Se propendete pe la prima ipotesi, aggiungete acqua goccia a goccia- e mescolate dopo ogni goccia. Sono un po' noiosa, su questo punto, ma bastano pochi ml in più per trasformare la glassa da densa a liquida. Se dovesse succedervi, niente paura: basta aggiungere zucchero.
Glassate il dolce, lasciate asciugare e servire.
Perfetto per l'ora del te
A stasera, per la Scozia
ciao
Ale
3/4 di tazza di melassa- 180 g.
2 cucchiaini di zeznero fresco, grattugiato fine
1 cucchiaino di cannella
1 tazza più due cucchiai di latte (250 ml)
2 uova grandi, leggermente sbattute
1 cucchiaino di lievito in polvere, fatto sciogliere in due cucchiai di acqua tiepida
2 cup di farina - 250 g
per la glassa
1 cucchiaio di succo di limone
100 g di zucchero a velo setacciato
1 cucchiaio di acqua tiepida
(apro e chiudo: con queste dosi, viene una glassa troppo liquida: se la volete compatta, come nella foto, partite da un cucchiaino d'acqua e uno di limone: se è il caso, avete tempo ad aggiungere quello che manca)
Sciogliere il burro con lo zucchero, il corn syrup, la melassa, la cannella e lo zenzero, in una pentola capace e , fuori dal fuoco, aggiungere le uova, il lievito con la sua acqua e il latte. Mescolare bene e aggiungere la farina, incorporandola perfettamente al composto: dovrete avere un impasto molto liquido. Riempite uno stampo da plum cake da un litro, rivestito di carta da forno e infornate a 180 gradi per 45 minuti o anche qualcosa di più: eventualmente, coprite la superficie con un foglio di alluminio. Fate la prova stecchino: se esce umido, ma non bagnato, è cotto
Lasciar raffreddare cinque minuti nello stampo, poi trasferire il cake su una gratella e lasciarlo raffreddare completamente.
Preparare la glassa
Setacciate bene lo zucchero a velo in una terrina.
Consiglio sempre di tenerne un po' a portata di mano, perchè è facile che se ne debba aggiungere ancora, in corso d'opera. Aggiungete qualche goccia di succo di limone e un cucchiaino d'acqua e iniziate a mescolare rapidamente: dovrebbe formarsi una glassa molto densa. A questo punto, sta a voi decidere come procedere, aggiungendo un po' di liquido per diluirla o no. Se propendete pe la prima ipotesi, aggiungete acqua goccia a goccia- e mescolate dopo ogni goccia. Sono un po' noiosa, su questo punto, ma bastano pochi ml in più per trasformare la glassa da densa a liquida. Se dovesse succedervi, niente paura: basta aggiungere zucchero.
Glassate il dolce, lasciate asciugare e servire.
Perfetto per l'ora del te
A stasera, per la Scozia
ciao
Ale