C'era una volta il cavallo di battaglia.
Ve lo ricordate? Era il piatto che riusciva meglio, quello che placava tutte le ansie di prestazione, quello che vi veniva espressamente richiesto, perchè "come li fai tu, i ravioli, non li fa nessuno". Bene o male, credo che lo avessimo un po' tutte, chi più chi meno, tanto che non era infrequente sapere già quello che ci sarebbe stato servito, all'invito successivo, e meno che mai risultava sgradito.
Dopodichè, arrivarono i blog- e , con quelli, l'ansia della rincorsa al sempre diverso e sempre nuovo: e del cavallo di battaglia fu la fine.
A dirla tutta, era da parecchio tempo prima del blog che a me piaceva trasformare i miei ospiti in cavie. Per un certo periodo, appena sposati, io decidevo il menu, mio marito lo inviava alla sua mailing list e i primi sei che rispondevano "io! io!" erano invitati a provare quei piatti. Poi c'erano stati i "palati fini", un gruppetto di amici a cui propinavo ogni settimana cene a tema, tutte all'insegna della sperimentazione. E poi, in ultimo, Menuturistico: lo si era aperto dall'oggi al domani, senza preparazione e senza archivio, ma era già gravido di mille aspettative: io, per dire, avevo in mente di realizzare le ricette delle centinaia di riviste comprate, sfogliate e poi messe da parte e dei mille libri che appesantivano gli scaffali e mi sembrava che un blog potesse essere lo stimolo giusto.
Da allora son passati tre anni: abbiamo un indice (non aggiornato, argh) corposissimo, pieno di piatti interessanti e gradevoli, dal quale, però, mancano i cavalli di battaglia. E mi dispiace, perchè è a loro che devo la riuscita delle mie cene dell'ultimo minuto, come quella che abbiamo organizzato venerdì scorso e che, in teoria, sarebbe dovuta essere un'altra occasione per il famolo strano: perchè eravamo in quattro, perchè gli ospiti si prestavano alle novità e perchè c'era tutta un'altra compresenza di fattori che attizzavano il neurone all'invenzione, non ultima la giornata corta in ufficio: alle 12.30 sarei dovuta essere in casa, con la spesa già fatta e avrei avuto tutto il tempo per perfezionare le basi che avevo preparato il giorno prima e preparare i piatti espressi.
Neanche a dirlo, la giornata corta ha cozzato contro un'udienza fiume e alle 3 e mezza salivo in macchina furibonda, con la spesa ancora da fare, senza più nessuna certezza se non quella di dover dire addio al mio menu. Ed è stato allora, nel tragitto dall'ufficio a casa, che mi son venuti in soccorso i miei cavalli di battaglia: il Potage Chantilly è diventato una Vichyssoise, i Tournedos Demidoff un filetto simil Wellington e, alla fine, ci siamo goduti una serata piacevolissima, con la padrona di casa placida e rilassata come non lo era da anni.
L'unica novità è rimasto il dolce, ma slo perchè lo avevo preparato la sera prima- ed è quello che trovate oggi, come ricetta di apertura della settimana.
Prima, però, vi metto il menu per intero
Aperitivo
le bollicine erano un Prosecco V8+ Sior Bepi, una figata di vino scoperta nelle vacanze di Natale, che credo non ci abbandonerà per un po'.
Gli appetizers erano dei crostini di pane ai multicereali, tagliati con un coppapasta rettangolare piccolo (3 cm max di lunghezza), spalmati con un velo di gelatina di sambuco e una fetta di lardo di colonnata (grazie, Dani!) tagliato al coltello; patè di prosciutto al Porto, serviti nel modo figo che vi avevo fatto vedere qualche tempo fa, su pan brioche a forma di fiore; e dei canestrelli salati.
Al primo, abbiamo aperto un vino bianco non so come e abbiamo servito una vellutata di patate e porri, con mini bignè all'erba cipollina
Al secondo, Tramonto d'Oca (rosso) e Filetto in crosta (tipo Wellington, ma con gli spinaci al posto dei funghi). Strepitosa Salsa Cumebrland di accompagnamento e carote glassate di contorno. Panini al burro, rigorosamente home made
Per dessert, questi Framboises Erimar (e un vino dolce di accompagnamento)
Calissons bianchi, alla rosa e alla violetta, con i liquori
niente antipasto (alla sera, torno al diktat del galateo e non lo servo più), niente formaggi (non sono così rigorosa, perchè essendo una cheese busters mi fa piacere far assaggiare le nuove scoperte: ma con questo menu, non c'entravano niente), niente caffè, perchè nessuno lo ha voluto.
Prima della ricetta, una precisazione importantissima: la foto non corrisponde del tutto a come dovrebbe essere il dolce: in primis quest'ultimo va servito in una porzione a forma di ciambella. Orrore degli orrori, i miei eran tutti troppo grossi e lo stampo da crème caramel (che sarebbe stato perfetto) lo avevo prestato. Quindi, ho usato degli stampi da budino, con un minimo di avvallo al centro. Solo che i lamponi non ci son stati, e quindi son scivolati giù, con tanto di scia nelle scanalature. Le mandorle sfilettate erano nei piatti che ho servito- e me le son dimenticate ora, che ho fotografato.
Una vergogna, insomma :-)
Ma buona da morire!
FRAMBOISES ERIMAR
da Henry- Paul Pellaprat
L'Arte della Cucina Moderna
per 8-10 persone
500 g di lamponi*
3 dl di apricot brandy
75 g di zucchero
150 g di gelatina di ribes
40 g di mandorle sfilettate
1/4 di l di panna
Far macerare i lamponi entro una terrina, in luogo fresco, coprendoli con zucchero ed apricot brandy. A parte, intanto, preparare il bianco mangiare e versarlo negli stampi. Quando è pronto, sformarlo sui piatti di portata. Versare nella cavità centrale i lamponi, opportunamente scolati e lucidati con la gelatina di ribes passata al setaccio fine. Spolverarvi sopra le mandorle e presentare il dolce ai commensali, servendo la panna entro una salsiera.
Note mie
Ho seguito una ricetta diversa di biancomangiare, ma quella che abbiamo qui va benissimo.Ora son di corsa e non ho il tempo di scriverla ma, ripeto, le differezne son poche.
Per quanto riguarda i lamponi, potrei fare la furba e dirvi che siccome abbiamo l'orto (fatto vero) biologico (verissimo) che produce frutti di bosco in quantità industriale (più che verissimo), ho usato il suddetto prodotto, surgelato. Bugia clamorosa, anche perchè, avendo l'orto biologico che produce in quantità etc etc, diffido fortemente da chi sostiene queste cose: perchè i frutti di bosco son maledetti, per quanto riguarda la conservazione. I nostri, vanno colti e mangiati. E quando riusciamo a congelare qualcosa, è tutto a discapito del sapore. E se altri sostengono il contrario, cambierò idea solo all'assaggio.
Altra cosa: sono allergica a tutta la frutta, tranne che ai frutti di bosco. Posso mangiare agrumi, con moderazione- ma il resto è tabu. Quindi, se vedete una profusione di lamponi, ribes, more e mirtilli , nei miei dolci alla frutta, e non vedete mai o raramente mele o pere o pesche o prugne o ananas o ciliegie o albicocche, sappiate che per me è una questione di salute, ancor più che di reputazione. Li mangio appena posso, con una voracità che non ha eguali, perchè l'unica riserva di frutta, per me, è questa. In Liguria esistono aziende agricole che riescono a produrli per gran parte dell'anno, ovviamente in serra, e quindi è a loro che mi rivolgo, fino a quando non posso attingere a piene mani dalle piante dell'orto. E, aggiungo, ringrazio il Signore che esistano: perchè altrimenti andrei avanti a surrogati di vitamine e farmaci di vario genere- e con me un sacco di altre persone, visto che siamo in tanti ad avere questi problemi.
Buona settimana
Ale